- 3 Aprile 2023
- Matteo Fratarcangeli
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Minturno (LT) 26 Agosto 2024
IL CAMBIAMENTO AMBIENTALE - ARENA MALLOZZI ORE 21:30
Lungo le rive del fiume Garigliano, anticamente chiamato Liris, proprio a ridosso di un’apertura sul mare, l’antica popolazione italica degli Ausoni trovò un luogo agevole per far sorgere un centro abitato, che si ingrandì e acquisì importanza sotto il controllo degli Aurunci, diventando una città di rilievo all’interno della pentapoli aurunca.
Nel 314 a.C. durante la seconda guerra sannitica i Romani distrussero la città, e rifondarono nello stesso luogo una colonia marittima con il nome di Minturnae, dall’etimologia incerta, ma che tra le varie ipotesi si immagina sia collegato alla dea ctonia Manturna, originariamente parte del pantheon etrusco, o al Minotauro.
I Romani sfruttarono la colonia per motivi commerciali data la vantaggiosa posizione, oltre ai collegamenti marittimi, infatti, il centro era favorito anche dal passaggio della via Appia.
La città era organizzata con una zona residenziale vicino alla costa dove si trovavano le ville marittime, luogo per l’otium dei ricchi Romani, mentre l’area collinare era dedicata alla produzione agricola con delle ville rustiche ben organizzate.
Nell’88 a.C. Caio Mario, durante lo scontro con Silla, si rifugiò proprio a Minturnae. In età augustea la città subì una forte trasformazione in seguito a una seconda deduzione e una monumentalizzazione del suo assetto urbanistico. Un’altra rilevante ristrutturazione avvenne in età adrianea, e i resti osservabili oggi appartengono soprattutto a questa fase.
La città risentì della crisi del III secolo, ma poche sono le notizie della fase finale – è noto però che venne distrutta dai Longobardi alla fine del VI secolo.
Purtroppo, l’area archeologica ha subito molti saccheggi nel corso del tempo: furono sottratti dei marmi per arredare il duomo di Gaeta in epoca medioevale, e nel 1820 fu realizzata una significativa sottrazione di reperti, soprattutto sculture, da parte del comandante dell’esercito borbonico Laval Nugent. Reperti ancora oggi sparsi all’estero.