IL CAMBIAMENTO AMBIENTALE - POLIVALENTE ORE 21:30

Diverse sono le ipotesi sulla etimologia dell’appellativo “Ripi”. Alcuni pensano che derivi dal nome latino “Ripae” nominativo al plurale; era questo un privilegio che si attribuiva ai paesi sotto la giurisdizione della Diocesi di Veroli che avevano un arciprete, e Ripi lo aveva. Altri dicono che il nome di Ripi derivi dal latino “ripa, ripae”. In pianura scorre il torrente Meringo, il Castello di un tempo aveva poco lontano la ripa, gli argini del fosso, del citato Meringo. Alcuni, invece, dicono che, essendo il paese costruito su una roccia alta e scoscesa, derivi dal latino “rupes” poi tramutato in Ripi con il passar del tempo. Le prime notizie storiche che abbiamo del nostro paese risalgono all’VIII secolo.

Nel Sinodo Romano, celebrato dal Papa San Zaccaria nell’anno 743 si parla della Diocesi di Veroli, alla presenza del Vescovo Martino. La Diocesi, “Verulana Civitas” comprendeva Veroli, Bauco, oggi Boville Ernica, Strangolagalli, Torrice, Ripi, Arnara, Pofi e Monte San Giovanni.

Monsignor Vittorio Giovardi, scrittore e fondatore della Biblioteca Giovardiana di Veroli, scrive nella “Historia Verularum” al foglio 1092, che il Castrum Riparum, ossia il Castello di Ripi, nell’anno 1129 fu bruciato. Subito la stessa sorte nel 1165 per mano dei Normanni di Guglielmo I re di Sicilia e, successivamente, il 30 novembre 1198 fu saccheggiato per tre settimane per opera di Diapoldo, capitano tedesco imperiale.

La situazione di sudditanza della popolazione di Ripi si protrasse fino al 7 aprile 1331, quando il Rettore e l’Università  del Castello di Ripi stabilirono lo “Statuto”, il cui originale si conserva ancora presso l’Archivio Colonna a Subiaco (Perg. XLVI – 125).Questo Statuto fu letto ed approvato nella piazza del paese sotto il pontificato del Papa Giovanni XXII alla presenza di alcuni testimoni e di Arduino da Ripi, prefetto “dell’Alma Roma”.

Vari signori feudali si sono alternati nel possesso del Castello di Ripi, sempre con l’avallo della Chiesa. Dall’anno 1410 Ripi passò nelle mani della potente famiglia Colonna e vi rimase fino al 1816 allorchè, dopo la caduta di Napoleone e ristabilito lo Stato Pontificio, ebbe termine la giurisdizione baronale dei Colonna sui due stati di Genazzano e di Pofi da cui dipendeva anche Ripi.

La visita al centro storico offre l’occasione di far conoscere gli stabili, la storia di Ripi, le vicende che hanno influenzato la vita degli abitanti e l’economia della zona. Il paese era delimitato longitudinalmente da mura fortificate disposte da porta a porta, a forma di fuso. Il centro storico di Ripi conserva solo l’immagine e l’impianto complessivo, ma non la struttura, dell’antico Castrume. Alcune tracce delle mura di cinta del Castello sono visibili lungo la strada chiamata La Moddia (il nome potrebbe derivare da Contrada Lamodeia,citata in un rogito notarile del 1300. Da una ricerca effettuata da insegnanti di Ripi, risulta che La Moddia trae origine da un orto, chiamato propriamente Lamodei, della sig.ra Bizardi. Prima di questa scoperta, si diceva che era l’espressione di un soldato francese Mon Dieu, Mon Dieu!  durante una guerra cha ha coinvolto il territorio) e, sul lato opposto, lungo la strada chiamata Muriglio (dal nome antico Contrada Murillo, di derivazione latina Contrada delle piccole mura), da dove è possibile osservare due splendidi panorami (il nord e il sud della Ciociaria). Il paese conserva le due porte di accesso: Porta Santa Croce, rivolta a sud ovest verso l’antica via Latina (oggi via Casilina) e Porta Sant’Angelo, rivolta verso Veroli. Ancora oggi, il centro storico si snoda lungo due sinuose strade che fendono il dorso della collina dove poggia Ripi, mettendo in comunicazione le due anzidette porte:

– La principale (Porta Santa Croce, Rua de Cavalieri, Piazza Luciano Manara, via Fortellizze, Porta Sant’Angelo)

– La secondaria, che ne riprende l’andamento, ma ad una quota più bassa (Porta Santa Croce, Via Di Sotto).

Rua de  Cavalieri

Rua, probabilmente dal latino Ruga = Ruga

Cavalieri, forse dal nome di un’altra torre che i ripani a fine settecento pensarono fosse stata costruita da antichi cavalieri romani, da qui Torre dei Cavalieri. Essa era attigua alla Chiesa di Santa Croce e ad un alloggio per i pellegrini (Chiesa sconsacrata nel 1200).

Via Di Sotto

In dialetto, chiamata Le Supportera, deformazione di Contrada Supportico per l’insieme di portici in legno esistenti all’epoca.

Via Fortellizze

Dal latino Fortelici, erano le strade adiacenti alle zone fortificate.

All’interno del borgo, lungo le due strade di scorrimento, sono visibili i portali (decorazioni delle porte di abitazioni e botteghe), ben conservati e di notevole interesse artistico.

Nel centro urbano, degni di nota, tre palazzi di interesse storico:

Il primo sorge su Porta Santa Croce ed è l’antico Palazzo Galloni, notevole costruzione le cui mura sono state restaurate nel 1781 (data incisa sullo spigo esterno)

Il secondo, in via Rua de Cavalieri, è il palazzo dei Principi Colonna, signori di Ripi fino al 1816

Il terzo, in piazza Luciano Manara, è il palazzo della famiglia Candia (appartenente alla piccola nobiltà  di campagna), in cui pernottò nel maggio del 1849 il bersagliere Luciano Manara, venuto a Ripi per reclutare volontari da schierare a difesa della Repubblica Romana. Si osserva l’ampio portale rettangolare in pietra peperino, sormontato da imponente cimasa a trabeazione. Nella Chiave geometrica, vi è lo stemma della Famiglia Candia (Castello con grande porta e sulle mura spiccano tre torri guelfe).

In passato,le decime pagate alla Diocesi di Veroli testimoniano la presenza nel territorio di almeno 4 Chiese: Santa Maria, San Silvestro, Santa Croce e Sant’Angelo. Le prime tre chiese non esistono più in quanto nascoste o trasformate o sconsacrate; di esse, sono visibili solo parti degli edifici.

 

L’unica ancora presente è la ex chiesa di Sant’Angelo che, dopo un’epidemia di peste diffusasi tra i ripani, prese il nome di chiesa di San Rocco.

Quando si chiudevano le porte principali, c’era questa piccola apertura ad imbuto, attraverso la quale un solo soldato riusciva a difendere l’intero paese.

Il monumento ai caduti fu progettato nel 1923 dall’architetto Pietro Angelini di Roma ed inaugurato in Piazza della Vittoria nel 1925. Il monumento, in pietra di travertino, sorge su un tumulo erboso racchiuso da una ringhiera in ferro. Esso poggia su una base quadrata di travertino formante due gradoni al di sopra dei quali s’innalza il monumento anch’esso a base quadrata. Ognuna delle facce della costruzione ospita in una nicchia un’urna cineraria che racchiude simbolicamente le ceneri dei Caduti di ciascun anno di guerra. Il tutto è sormontato da una cornice portante la scritta:RIPI MEMORE AI SUOI CADUTI PER LA GLORIA D’ITALIA  MCMXXV. Al di sopra della cornice quattro lapidi in travertino, una per ogni lato, sorrette da altrettante colonnine poste agli angoli, recano un cenno storico relativo ad un avvenimento particolarmente importante riferito ad ogni anno di guerra. Infine, quattro sfere in pietra sorreggono una corona d’alloro in bronzo.

Fonte: http://www.ripi-online.com/

Albo d’onore dei figli di Ripi caduti in guerra, a cura di Gino Lunghi, La Tipografica Frosinone, pagg. 10-11.

ZONA ARCHEOLOGICA

Si suppone l’esistenza di un monastero clericale indipendente dalla giurisdizione dei grandi ordini monastici, distrutto prima dell’anno 1000. Monastero che per la rilevanza dei ruderi, doveva ricoprire una grande importanza sociale, religiosa ed economica. Oliva.