- 3 Aprile 2023
- Matteo Fratarcangeli
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- Comuni
Villafranca Tirrena (ME) 3 Agosto 2024
PIAZZA MARINA ORE 21:00
Villafranca Tirrena è un comune di 9.023 abitanti della provincia di Messina. Anticamente chiamata Briosa e poi Bauso, è una piccola cittadina affacciata sul mar Tirreno. Il suo territorio confina a Nord con il Mar Tirreno, a sud-est con il comune di Messina, a nord-ovest con il territorio comunale di Saponara. Alcuni testi affermano che Briosa sia stato l’antico nome di Villafranca Tirrena già in epoca normanna, e che con il passare del tempo il nome abbia subito varie deformazioni fino a diventare Bauso o Bavuso. Nel 1548, la baronia di Bauso, fu acquistata da Giovanni Nicola Cottone. Questo è il periodo di maggior lustro per l’antica Bauso. Nel 1590 Stefano Cottone vi fece ricostruire il castello, che ancora oggi domina il centro della cittadina. Nel 1591, l’imperatore Filippo II elevò il feudo di Bauso a contea e nel 1623 Filippo IV di Spagna investì Giuseppe Cottone del titolo di “Principe di Castelnuovo” (altro nome del contado di Bauso). Nel 1819, la terra di Bauso e il castello con l’annesso titolo di Principe di Castelnuovo, furono venduti da Carlo Cottone Cedronio a Domenico Marcello Pettini, ex giudice della Gran Corte Civile di Palermo, il quale l’acquisto per 9.000 onze. Villafranca Tirrena diventò comune autonomo nel 1825 mantenendo la denominazione Bauso fino al 1929, quando cambiò nome nell’attuale Villafranca Tirrena, associando i due paesi di Calvaruso e Saponara (quest’ultimo divenuto autonomo nel 1952).
Per gran parte del secolo scorso Villafranca Tirrena fu uno dei centri industriali più importanti della provincia di Messina, nel quale operavano grandi imprese come l’Italcementi (subito dopo il terremoto di Messina del 1908), la Pirelli; per non parlare poi di piccole e medie imprese (calzifici, maglifici, produzioni in plastica, ecc). Gradatamente però, per motivi di mercato, la grande industria si spostò da Villafranca Tirrena (l’ultimo impianto funzionante, lo stabilimento Pirelli, chiuse i battenti nel 1992), comportando un necessario cambiamento di rotta nell’economia locale, sviluppatasi di recente più nel settore commerciale e turistico, anche se le aree industriali non sono state abbandonate, ma anzi rilanciate attraverso strumenti di programmazione negoziata che hanno consentito l’insediamento di nuove aziende.
Dal punto di vista artistico la città si ricorda principalmente per la Chiesa Madre intitolata a San Nicolò che preserva, tra l’altro, una cinquecentesca Croce dipinta ed una statua marmorea raffigurante la Madonna col Bambino.
Nella piccola frazione collinare di Calvaruso, che si sviluppa a 110 metri sul livello del mare, si erge il seicentesco Santuario di Gesù Ecce Homo. L’edificio sacro si ricorda soprattutto per le opere d’arte che esso preserva, a partire dalla seicentesca statua lignea rappresentante l’Ecce Homo, scolpita in legno di cipresso nel 1634 dal frate artista Giovan Francesco Pitorno dei padri osservanti, detto Frate Umile da Petralia, e dalla seicentesca tela raffigurante l’Immacolatainsieme a San Francesco, Santa Margherita, Santa Chiara e Sant’Anna. Dal chiostro seicentesco situato nei pressi della Chiesa già citata si può accedere al Museo della Devozione che preserva innumerevoli ex-voto, delle tele ottocentesche e degli arredi sacri. Fiore all’occhiello del Museo è l’opera denominata “Strage degli Innocenti” composta da più di cinquanta statuette d’origine ottocentesca.
Sempre a Calvaruso si erge la Chiesa S.Margherita al cui interno sono custoditi due affreschi rappresentanti episodi della vita di Santa Margherita. Di maggior pregio è una tavola di Santa Lucia, collocata nella parte destra del tempio, dipinta da Marco Antonio Veneziano e nella quale vi è l’iscrizione Marco Antonio Venetiano 1582 oc opus fieri fecit Pietrus Mortelliti. Nella cappella del Rosario si conserva anche un’altra pregevole tavola rappresentante la Vergine titolare. Nel tetto l’anno 1761 fu dipinta da Scipio Manni la Presentazione al Tempio. Presso l’altare maggiore vi è una moderna e bellissima statua in legno di Santa Margherita, scolpita nel 1871 dall’artista messinese Michele Cangeri.
Villafranca Tirrena è sede, inoltre, del Museo della Medicina e degli strumenti medicali Ottavio Badessa. Inaugurato nel 2004 dopo una convenzione stipulata fra l’Amministrazione Comunale e il Dottore Paolo Badessa, il Museo della Medicina e degli strumenti medicali è sito in una palazzina in stile liberty di via Rovere. All’interno vi sono collocati circa 200 reperti di alto valore scientifico, databili fra la fine del ‘700 e il 1940, in delle apposite teche.
Il 5 dicembre si celebra il rito de “U Bamparizzu” un tradizionale falò che commemora il rito antico in cui si dava fuoco a barche trascinate dalla spiaggia in onore di “Santa Nicola” protettore di Villafranca. L’Antica tradizione villafranchese del “U Bamparizzu” si ripete ogni anni alla Vigilia della festa del Patrono, San Nicola. La manifestazione ha carattere storico-culturale e prende vita nel pomeriggio quando dei ragazzi in abiti da pescatori cominciano a trascinare a piedi nudi una barca addobbata con fiori e vecchie lanterne facendola scivolare sulle tipiche falanghe in legno per le vie del paese, dalla marina fino a Piazza Castello, questo come segno di buon auspicio e in onore di San Nicola. Dalla Piazza Castello, antistante la Chiesa Madre e il Palazzo Baronale, parte nel frattempo la Corte Principesca, preceduta da alcuni ragazzi in costume da alabardiere ed archibugiere e da cavalieri a cavallo. I pescatori e i nobili si incontrano davanti al Palazzo Municipale, e qui avviene la consegna delle chiavi del Castello di Bauso da parte del Principe ai pescatori come segno di benevolenza e rispetto. Successivamente la corte e i pescatori proseguono insieme il loro cammino fino a raggiungere la piazza Castello dove al loro arrivo si assiste all’accensione del falò.
Famosa ormai la storia della famiglia Bruno: il castello di Bauso e il feudo annesso appartennero alla famiglia Cottone, che gli aveva violentato la moglie. Egli si ribellò ai signori di Bauso, ferendo uno di loro. Catturato e giustiziato, il suo teschio fu chiuso in una gabbia di ferro e appeso alle mura del castello per lungo tempo. Successivamente il figlio Pasquale Bruno, provò a vendicare il padre ma la sua giovane esistenza, ricca di gesta memorabili, ebbe fine sul patibolo di Piazza Marina a Palermo in una calda mattina del 1801. Durante un suo soggiorno a Parigi, il musicista Vincenzo Bellini narrò all’amico Alessandro Dumas, le imprese di questo personaggio, difensore dei deboli e degli oppressi, che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Lo scrittore francese spinto dalla curiosità, qualche tempo dopo, trovandosi in Sicilia, si recò a Bauso, dove soggiornò e trasse ispirazione per scrivere il romanzo Pasquale Bruno.